“Daidàleia”, dentro il mito dei nuraghi

“Daidàleia”, dentro il mito dei nuraghi

Barumini, quindici anni dopo il riconoscimento Unesco una mostra d’arte contemporanea in omaggio a Giovanni Lilliu

Nuraghi, all’origine del mito c’era Dedalo, costruttore di torri. Fu lui a lasciare in eredità al popolo dei Sardi quelle imponenti e temute costruzioni ciclopiche che incutevano timore e rispetto ai popoli del tempo.

L’affascinante leggenda raccontata dai greci, riportata in tempi recenti anche dal Sardus Pater Giovanni Lilliu è il filo che è servito ad unire assieme i possibili percorsi tra arte e archeologia, passato e presente nella esposizione “Daidàleia” – da Dedalo certamente, ma in greco è la parola che significa appunto nuraghi – curata dalla storica dell’arte Margherita Coppola e voluta da Comune e Fondazione Sistema Cultura. Esposizione, quella che si tiene fino al 21 marzo prossimo nei locali del Centro “Giovanni Lilliu”, che vuole essere innanzitutto un omaggio allo scopritore del sito nel quindicinale del riconoscimento della Reggia come bene dell’Umanità da parte dell’Unesco.

Omaggio quindi anche alla straordinaria area archeologica ma anche una riflessione sugli elementi naturali primordiali che stanno alla base della creatività artistica. Importante per questo proprio il rapporto con quella imponente costruzione che sorge su una collina appena fuori dal centro abitato. «Il nuraghe continua a colpire in modo suggestivo i contemporanei come gli uomini del tempo» osserva a questo proposito Margherita Coppola che spiega come agli otto artisti sardi interpellati «è stato chiesto di lavorare sulle emozioni che questo monumento scavato negli anni Cinquanta è in grado di suscitare. Raccontando poi, attraverso le immagini dell’arte, le ispirazioni date dal luogo come dagli elementi primordiali, terra, acqua, fuoco e aria alla base della creazione artistica».

Ecco così, fortemente simbolica, l’installazione “Nur” di Rosanna Rossi, tredici biglie d’acciaio disposte in modo circolare all’ingresso della Reggia allo scopo di dare una prospettiva inedita allo stesso sito. Opera collegata alle incisioni della stessa artista esposte all’interno del Centro, intitolate “Oscuro sole di tenebra”.

Qui trovano spazio l’omaggio alla madre Terra del sassarese Gianfranco Pintus, i cavalli in fuga di Antonello Ottonello, l’opera in bucchero “Come in cielo così in terra” di Caterina Lai fatta di ciottoli disposti per terra. Di forte impatto “Adamo” la scultura di fango e paglia di Monica Lugas come il “Ciliato nuragico” di Andrea Forges Davanzati e l’opera senza titolo dell’algherese Nilla Idili che riflette sulla memoria dell’arte. Di bella forza evocativa infine l’installazione “Tholos” di Marta Fontana composta da alcuni mattoni di terra cruda a semicerchio davanti a una cartina che riproduce il bacino del Mediterraneo. Dove tutto iniziò diverse migliaia di anni fa.

Fonte: Walter Porcedda, La Nuova Sardegna


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